Considerato uno dei capolavori assoluti nel mondo videoludico, The last of us (part I) ha emozionato e stupito tutti i videogiocatori sin dal suo lancio nel lontano giugno 2013. È stato sviluppato dalla Naughty Dog e, in particolare, la sceneggiatura è opera di Neil Druckmann, il quale ha anche diretto la serie di Uncharted.
Il videogioco si apre ad Austin, Stati Uniti nel 2013, quando un fungo parassita mette in ginocchio tutto il paese. In questo contesto di totale confusione Joel, uno dei due protagonisti, perde purtroppo sua figlia. Dopo molti anni vissuti come contrabbandiere, l’uomo viene ingaggiato per un incarico: scortare la quattordicenne Ellie (l’altra protagonista) fino alla base fuori città delle Luci, un’organizzazione che si oppone alle forze militari.
I due fortunatamente riescono a raggiungere il rifugio, ma la felicità per il successo ottenuto viene presto sostituita dalla scoperta di una terribile notizia. Ellie infatti, a causa della sua singolare immunità al virus, deve essere uccisa, per permettere di isolare e studiare il fungo omicida. Joel tuttavia si oppone a tale decisione e nel finale strappalacrime del gioco, decide di scappare insieme alla ragazza, stabilendosi con lei nei pressi di Jackson.
Si tratta perciò di un gioco da una trama veramente elaborata, che la casa produttrice ha saputo sviluppare nei minimi dettagli, sia dal punto di vista grafico, sia per quanto riguarda la sceneggiatura.
Prima di tutto possiamo notare come al centro del gioco si collochi la devastante epidemia infettiva di scala mondiale. Questa ha diminuito la popolazione del 60% ed ha costretto tutte le persone a vivere in un’eterna quarantena. Uno sfondo davvero inquietante e pessimistico. Forse però, più attuale e verosimile di quanto sembri. Parlando infatti dei giorni nostri e della situazione odierna, un virus ha messo a dura prova tutto il nostro Pianeta causando numerosi contagi e altrettante morti.
Città (nel videogioco) completamente abbandonata dagli abitanti
Fonte: Flickr | John Luterman
In sostanza quindi, in tutti e due i casi, la causa principale delle sofferenze è un’epidemia. Ovviamente questo parallelismo tra le due situazioni deve essere caratterizzato in modo opportuno. Da una parte questa pandemia mondiale ha causato una vera e propria catastrofe di grandissime dimensioni sconvolgendo inoltre l’intera umanità. Dall’altra invece questa ha costretto miliardi di persone ad un periodo di lockdown forzato di qualche mese e ad un ridimensionamento della loro quotidianità.
Obbligo dell'uso della mascherina per la sicurezza
Fonte: Flickr | Chad Davis
Strada deserta di Minneapolis durante il lockdown
Fonte: Flickr | Chad Davis
Il confronto dunque potrebbe sembrare azzardato, ma possiamo notare come in ambedue le situazioni un virus sia riuscito a mettere a dura prova il mondo e le persone che ne fanno parte. Il momento che stiamo vivendo noi, per fortuna, non è sfociato nella tragedia come nel videogioco, ma potremmo forse cogliere da quest’ultimo un invito a restare uniti, combattere e adoperarci per rispettare tutte le norme di sicurezza per contenere il contagio e riuscire a trovare un vaccino.
Detto ciò, è doveroso fare i complimenti alla Naughty Dog e a tutti gli sviluppatori che sono riusciti a creare quest'opera, che ha appassionato e intrattenuto la community del mondo videoludico, ricordando che, dopo ben 6 anni, il 19 giugno è uscito il nuovo capitolo del videogioco, The last of us part II.
“Con i videogiochi puoi esprimere quello che vuoi, esattamente come con il cinema. Ci sono film che hanno solo bombe ed esplosioni, e ci sono film che hanno grandi storie e che ti spingono a riflettere su te stesso e sulla vita. Dipende da quello che i creatori vogliono esprimere e sperimentare, da ciò che vogliono dare alla gente.”
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Fonte dell'immagine di copertina: Flickr
Autore: John Luterman